1870 – Una svolta epocale: l’apertura del canale di Suez e il “sistema Trieste”
Nel Cinquecento, i veneziani sognavano di rimpicciolire il mondo, collegando il golfo di Suez al Mediterraneo per non dover navigare intorno all’Africa. In età napoleonica, i francesi sognavano la stessa cosa. E fu il “Grande Francese” Ferdinand de Lesseps a incaricarsi di realizzarla. Tra il 1854 e il 1856, Lesseps aveva ottenuto dal kedivè dell’Egitto e del Sudan il permesso di costruire un canale aperto alle navi di tutte le nazioni. La società di costruzione, fondata nel 1859, era partecipata e sostenuta da Francia e Austria. Ma anche Trieste, allora parte dell’impero austriaco, ebbe un ruolo chiave nella vicenda, nella persona di Pasquale Revoltella.
Nato a Venezia da famiglia modesta, Pasquale si era trasferito presto a Trieste. Orfano di padre, aveva iniziato a lavorare giovanissimo dimostrando un grande spirito di iniziativa. A metà Ottocento, era un imprenditore tra i più stimati della città. Finanziere, consigliere comunale, deputato di Borsa, filantropo e collezionista d’arte (la sua raccolta continua a crescere ancora oggi attraverso il lascito al Museo Revoltella di Trieste), direttore Generali, aveva amicizie influenti, come quella con il barone de Bruck, fondatore del Lloyd austriaco e futuro ministro del commercio e delle finanze di Vienna.
Divenuto vicepresidente della Compagnia del Canale di Suez, Revoltella mise nel progetto tutta la sua determinazione. L’apertura del canale era anche il suo sogno, legato a una personale visione per lo sviluppo di Trieste e del porto, che viveva in quegli anni un ristagno dell’attività. Da un lato, i costi dei conflitti italo-austriaci avevano turbato il clima economico. Dall’altro, il mancato collegamento ferroviario con l’entroterra aveva spostato altrove il baricentro dei traffici. Revoltella allora si imbarcò per l’Egitto, dove incontrò persone illustri e ampliò le sue collezioni con amuleti, scarabei e un vaso canopo. Ma, soprattutto, rimarcò il ruolo di Trieste nella nuova geografia economica.
Morì poco prima dell’inaugurazione del canale, avvenuta nel 1869 con solenni festeggiamenti. A rappresentare Trieste fu Giuseppe de Morpurgo, imprenditore di rilievo della città, vicepresidente del Consiglio comunale e della Camera di commercio, anche lui direttore Generali. Quando l’imperatore Francesco Giuseppe spronò la città a trarre per prima i vantaggi dell’iniziativa, Morpurgo gli ricordò che anche il governo centrale doveva fare la sua parte, realizzando la ferrovia che ancora mancava. Durante il suo soggiorno, scrisse una relazione per la Camera di Commercio, esaltando i vantaggi del canale, e inviò alla moglie e ai figli lunghe lettere con le sue impressioni di viaggio e le curiosità di un mondo vicino eppure così esotico.
Gli sforzi di Revoltella e Morpurgo non furono vani. Dopo Suez, il sistema bancario di Trieste si potenziò, così come l’afflusso di capitale austro-tedesco nelle imprese locali. I traffici triestini si ampliarono e la città si popolò a un ritmo spettacolare.
Dopo Suez, mentre la classe media di Trieste cresceva e il cosmopolitismo cittadino sembrava garantire un durevole successo economico, Generali espanse i suoi mercati nel globo. La collaborazione con il Lloyd austriaco continuò: negli anni Ottanta, i suoi agenti furono promotori di polizze Generali nei porti lungo le rotte solcate dalla società di navigazione. Così, la competenza di Generali fu condivisa con il resto del mondo, facilitando le dinamiche di internazionalizzazione nel settore assicurativo.
Il cambiamento fu sbalorditivo, anche sul piano delle cifre: nel 1870, quando il canale di Suez aprì in modo completo, attraverso il passaggio transitarono 400 navi (1 e mezza al giorno), nel 1900 3444 (10 al giorno) e nel 1913 5085 (15 giorno).
Negli anni Generali creò rappresentanze lungo le nuove direttrici dell’espansione commerciale: da un lato l’area del Mediterraneo, e dall’altro i maggiori porti d’oltreoceano.
Generali era a bordo dei bastimenti sulle rotte del mondo. Ancora negli anni Cinquanta del secolo scorso, nei loro armadi c’era odore di tè, caffè, liquirizia, curry e cardamomo, e nelle loro soffitte era ancora facile trovare diari di bordo di navigazioni a vela o a vapore su Shanghai e Hong Kong.